Nella vita faccio l’insegnante, anche se forse non ho ancora capito bene cosa vuol dire. E anche se quando andavo al liceo non ci credevo, anche gli insegnanti hanno sentimenti, paure, emozioni. Hanno una vita e sono persone.
Così per me.
Un giorno di dicembre del 2021 la polizia slovena ha arrestato il figlio di Paola (c’è sempre una Paola nelle nostre vite) perché stava aiutando dei profughi. L’hanno accusato di tratta di persone e ha dovuto fare 10 mesi di custodia cautelare prima di essere prosciolto.
Poco dopo, nel febbraio del 2022, mentre ero in vacanza (sì, anche gli insegnati vanno in vacanza), e stavo pensando a cosa trattare nel mio corso di traduzione del semestre estivo, la Russia ha invaso l’Ucraina e ha riportato la guerra in Europa e il mondo indietro agli anni ’80.
E c’è quella cosa che io faccio l’insegnante e anche se forse non ho ancora capito bene cosa vuol dire, credo di sapere cosa non vuol dire. Perché nella mia vita c’è Paola e ci sono anche un paio di colleghi ucraini (e a dir la verità c’è anche una collega russa). E a loro cosa posso raccontare, di quello che faccio?
Così mi metto a cercare un testo adatto per il mio corso di traduzione: qualcosa che parli della Germania di ieri, ma capace di parlare ai ventenni di oggi. E, mentre cerco un testo, trovo una foto.
E attaccata a quella foto questa storia.
È la storia di Operazione Tokio, così vera, drammatica, attuale e sconcertante che non poteva morire con il mio corso alla fine del semestre. È una storia che tutti dovremmo conoscere.
Per il figlio di Paola, per i miei colleghi ucraini, per la mia collega russa e per quello che vorremmo fare di questo nostro mondo.